A dirlo è l’Osservatorio Excelsior di Unioncamere, rafforzato dai dati Istat e dell’Ufficio Studi di Confindustria Piacenza
L’economia piacentina (e italiana) potrebbe correre ad una velocità più alta, ma tra i fattori che la
ostacolano vi è un mercato del lavoro che pare non essere più in grado di fornire le figure ricercate
dalle aziende. È il quadro che emerge dai numeri pubblicati da Unioncamere, Istat ed Eurostat, che
permettono di cristallizzare oggettivamente una sensibilità già rilevata dall’ultima indagine
congiunturale dell’Ufficio Studi di Confindustria Piacenza. In quest’ultima il 47% degli
imprenditori piacentini lamentava una difficoltà nel reperimento delle risorse umane e il 28%
l’impossibilità di dedicare il personale che avrebbero voluto all’interno dei processi aziendali.
Difficile reperire una figura su due
A Piacenza oltre una figura su due è di difficile reperimento. Lo dicono i numeri contenuti
nell’ultimo rapporto Excelsior redatto da Unioncamere e Anpal e relativo al mese di marzo 2023,
che fotografano l’attuale stato del mercato del lavoro piacentino: numerose entrate previste, pochi i
candidati adatti ad occupare i posti disponibili. Le statistiche parlano da sole: il 55,4% delle figure
ricercate dalle aziende sono classificate come di “difficile reperimento”. Ciò significa che,
nonostante la presenza di posizioni aperte, le aziende del territorio non trovano personale con le
competenze richieste. Tale percentuale, già di per sé elevata, raggiunge picchi per alcune
professionalità specifiche, specialmente per quanto riguarda gli operai specializzati.
Tra i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai e montatori di carpenteria metallica la difficoltà di
reperimento riguarda l’89,8% dei posti disponibili. Tra gli operai specializzati addetti alle rifiniture
delle costruzioni si tocca l’85,0% mentre per gli addetti a macchine confezionatrici di prodotti
industriali si supera l’82,0%. Elevata anche la quota di specialisti in ambito elettronico ed elettrico,
con circa l’80% di posti vacanti. Le cause principali di questo fenomeno sono sia l’assenza vera e
propria di candidati (41% dei casi) sia un livello di preparazione e specializzazione insufficiente a
ricoprire la mansione ricercata (quasi il 16%).
Le rilevazioni di Excelsior trovano riscontro anche nelle analisi fornite da Istat. Nel suo rapporto sul
mercato del lavoro italiano nel IV trimestre 2022 (pubblicato lo scorso 15 marzo), Istat rileva che la
percentuale di posti vacanti in Italia è più che raddoppiata tra il 2017 e la fine del 2022, con una
rapida accelerazione all’uscita della pandemia. Se all’inizio del 2017 questo dato si fermava all’1%,
alla fine del 2022 si è giunti al 2,4%. Come registra Istat, trattasi di “posti di lavoro retribuiti che
siano nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro
cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata e sia disposto a fare sforzi
supplementari per trovarlo”. La dinamica non è solamente italiana ma si estende anche a tutta
l’Eurozona, nella quale Eurostat stima un 3,2% di posti vacanti nel terzo trimestre 2022, in netta
salita rispetto al 2,6% del 2021.
Tra gli elementi che influenzano questa carenza di offerta di figure tecniche non vi è solo l’assenza
di personale o le competenze insufficienti, ma anche il notevole flusso di dimissioni volontarie che
si sta registrando in tutto il territorio nazionale. Nel 2022 infatti il numero di dimissioni ha sfiorato i
2 milioni, con un balzo del 13,8% sul 2018.