Le soluzioni dell’esperto HR Vigorelli Porro: acquisizione di nuove competenze e percorsi formativi strutturati
Negli ultimi anni il mercato del lavoro è mutato profondamente: le aziende reagiscano velocemente, oppure non riusciranno a governare il cambiamento. Il successo o il fallimento nella gestione di questa profonda mutazione sarà dato dall’attenzione che le aziende riusciranno a dare alle risorse umane. Ne è convinto Federico Vigorelli Porro, psicologo, docente di HR Innovation e Digital Culture e LinkedIn Top Voice.
Ci fornisce una fotografia dell’attuale mercato del lavoro?
Eravamo abituati a pensare ad un mercato del lavoro italiano sbilanciato, con poca domanda. Oggi però questo rapporto di forza è cambiato, tanto che per certi lavori possiamo addirittura parlare di inversione, con un numero di posizioni da coprire superiore all’offerta. I dati ANPAL mostrano come dal 2019 al 2022 la quota di figure difficilmente reperibili sia passata dal 26,4 al 40,5% sul totale – con picchi che superano il 50% per posizioni dirigenziali e operai specializzati.
A cosa si deve questa inversione di tendenza?
Questa inversione è dovuta a due spinte contrapposte. In primis la carenza di talento. Registriamo un progressivo inaridimento del bacino dal quale attingere personale (in inglese “Talent Pool”). Un fenomeno legato a più fattori, come l’invecchiamento della popolazione, la crescita dei NEET (giovani non impiegati, che non stanno cercando una nuova occupazione e non sono inseriti in percorsi di formazione), ma anche al flusso migratorio negativo per alcune professioni (l’ormai celebre “Fuga di cervelli”). Da citare anche l’aumento del turnover aziendale, specialmente nelle generazioni Y e Z.
Come secondo elemento però vi è anche la richiesta di nuove professionalità da parte delle aziende. L’Italia è stata investita dalla Digital transformation, anche in settori tradizionalmente pervicaci: il tasso di obsolescenza delle competenze ha subito una brusca accelerazione. Cambiando tecnologie e introducendo nuovi modelli di business, molte persone si trovano ad avere competenze non allineate con le nuove necessità delle aziende.
Le aziende come possono rispondere a questi cambiamenti?
Acquisendo velocemente nuove competenze. Il rischio concreto è di restare fuori dal mercato. Essendoci una carenza di talenti bisogna agire sulla formazione, attraverso il “reskilling”. Progetti di formazione che allineino le competenze delle persone alle necessità a lungo termine dell’azienda. Attenzione però: si può fare “reskilling” solo se si ha ben chiaro dove si vuole arrivare. Chi opera nelle risorse umane è chiamato ad avere un ruolo sempre più di supporto al management nella costruzione e realizzazione della strategia aziendale.
Sempre più aziende si stanno dotando di una Academy. Sono vere e proprie scuole di “mestieri” rivolte sia all’interno che all’esterno dell’azienda che non si limitano solo a sviluppare competenze critiche ma migliorano anche il tasso di attrattività delle imprese verso il mercato del lavoro e la fidelizzazione delle persone già inserite in azienda. Un percorso di formazione stabile e strutturato mette infatti le aziende nelle condizioni di mostrare a tutti gli stakeholder come investe realmente sulle persone, rafforzando il legame con i collaboratori che, complice la pandemia e le aspettative delle nuove generazioni, si era indebolito.